venerdì 6 maggio 2011

Il Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche approda in Senato

SENATO DELLA REPUBBLICA - Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-05112





Atto n. 4-05112 - Pubblicato il 3 maggio 2011 - Seduta n. 547

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE di Francesco FERRANTE e Roberto DELLA SETA -
Ai Ministri della difesa, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute.

Premesso che:

sono sorti numerosi comitati di cittadini che si ritengono vittime innocenti dell'inquinamento derivante dallo smaltimento delle armi chimiche e recentemente è stato costituito il "Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche", al quale ha aderito anche un'associazione riconosciuta e prestigiosa quale Legambiente;

tale denuncia riguarda in particolare le armi chimiche, smaltite in modo legale, o illegale, nel Paese soprattutto subito dopo la fine del seconda guerra mondiale;

i protagonisti di questa vicenda sono agenti chimici che causano gravi danni alla salute e uccidono da ottant'anni. Sono stati usati in Libia e in Etiopia, e poi i loro effetti si sono sentiti anche sulla salute degli italiani. I loro nomi sono lewisite, iprite, fosgene, difosgene, arsenico, cloro, cloropicrina e agenti nervini serie G e V e tanti altri;

entrano nell'aria, nell'acqua, nella terra. E sembra che siano ancora lì: alle porte di Roma, alla periferia di Milano, nel golfo di Napoli, nel mare di Bari e Molfetta, sulla costa di Pesaro, sulle rive del Lago Maggiore e del Lago di Vico, nei fiumi d'Abruzzo;

le armi chimiche sono state progettate per essere invisibili, per portare morte e malattie incurabili, di cui è spesso difficile indagare l'origine. Questa è la storia dei veleni - creati dalla dittatura fascista - che hanno trasformato alcuni angoli tra i più belli della Penisola in luoghi pericolosi;

sembrano coinvolte molte fabbriche che, grazie al segreto di Stato, hanno scaricato i loro rifiuti nei fiumi, nei laghi, nei terreni, nelle riserve idriche; numerosi impianti mai bonificati sono veri e propri scheletri tossici disseminati nel Paese;

le armi chimiche sopravvivono a lungo nel terreno e nell'acqua: le migliaia di bombe che sembra giacciano nel mare di Ischia, di Manfredonia, di Molfetta, nel territorio di Foggia e del Lago di Vico potrebbero essere ancora fonte di pericolo;

da qualche mese, a Molfetta, sarebbero stati rallentati i lavori per l'ampliamento del porto a causa del ritrovamento, nella cosiddetta "zona rossa", di migliaia di ordigni convenzionali e a caricamento chimico, oltre a numerosi fusti di difosgene, che è un potente gas tossico asfissiante;

ancora oggi non si riesce a stabilire con esattezza quante armi chimiche siano state prodotte in Italia tra il 1935 e il 1945. Il piano varato da Benito Mussolini all'inizio della guerra, come si evince dalla lettura del libro-inchiesta pubblicato del giornalista de "L'Espresso" Gianluca Di Feo intitolato "Veleni di Stato", prevedeva la costruzione di 46 impianti per distillare 30.000 tonnellate di gas ogni anno. I documenti britannici analizzati nel suddetto libro - decine di file con rapporti segreti, relazioni diplomatiche, verbali di riunioni del Governo, minute di interventi di Winston Churchill e altri atti riservati che riguardano un periodo dal 1923 al 1985 - sostengono che si possa trattare di una quantità "tra le 12.500 e le 23.500 tonnellate prodotte ogni anno";

a questo arsenale imponente si sono aggiunte le armi schierate nel Nord Italia occupato dai tedeschi e quelle importate al Sud dagli americani e dagli inglesi. L'ultimo saggio pubblicato negli Usa da Rick Atkinson sostiene che solo gli statunitensi dislocarono negli aeroporti del Sud Italia circa 200.000 bombe chimiche. Fu proprio durante uno di questi trasferimenti nel porto di Bari che nel dicembre 1943 una nave piena di iprite esplose, contaminando acqua e aria: il disastro, il più grave mai avvenuto nel mondo occidentale, venne tenuto nascosto. Sempre secondo Atkinson fu Winston Churchill in persona ad ordinare di tacere, e in tal modo i feriti non avrebbero potuto ricevere cure adeguate;

fu Hitler, in persona, a dare il via libera alla prima di tante operazioni nefaste: affondare nell'Adriatico oltre 4.300 grandi bombe tossiche. Grazie ai documenti degli archivi tedeschi sappiamo che si trattava di 1.316 tonnellate di testate all'iprite, gran parte delle quali si trovano ancora nei fondali a sud di Pesaro;

dopo il 1945 gli Alleati si liberarono del loro arsenale di gas e di quello catturato agli sconfitti. I files dell'US Army - documenti in parte ancora segreti - rivelano che molte decine di migliaia di ordigni chimici vennero inabissati in una «discarica chimica» nel Golfo di Napoli, davanti all'isola di Ischia;

questo cimitero sottomarino potrebbe lentamente liberare i suoi veleni: le bombe si corrodono e rilasciano iprite e arsenico;

lo studio condotto nel 1999 dagli esperti dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (Icram) ha trovato tracce delle due sostanze negli organi dei pesci di quella zona e nei fanghi del fondale. Il responsabile dei ricercatori, Ezio Amato, ha denunciato una situazione molto preoccupante: "I pesci del basso Adriatico sono particolarmente soggetti all'insorgenza di tumori, subiscono danni all'apparato riproduttivo sono esposti a mutazioni che portano a generare esemplari mostruosi";

tali sostanze tossiche non sembra riposino soltanto in fondo al mare. Molti cittadini italiani non sanno di abitare in quartieri realizzati intorno, o addirittura sopra, a vecchi stabilimenti di armi chimiche. Solo come esempi esplicativi i casi: dell'Acna di Rho che ha convogliato i suoi scarichi nella falda idrica che scorre verso il centro di Milano, quello di Cesano Maderno che ha contaminato la Brianza e sempre in Lombardia a Melegnano dai suoli della Saronio continuano a sbucare nuvole nocive. I dossier dell'intelligence britannica parlano di 60-65.000 tonnellate di armi chimiche prodotte a Rho, 50-60.000 tonnellate a Cesano Maderno, altre decine di migliaia a Melegnano. Il tutto secondo le priorità di guerra, scaricando fanghi e scarti nei fiumi e nei campi;

altri esempi esplicativi sono quelli di due stabilimenti di gas protetti dal segreto militare, uno a Cerro al Lambro, davanti al casello milanese dove nasce l'Autostrada del Sole, l'altro a Cesano di Roma, nel territorio della capitale. Sono stati smantellati soltanto nel 1979, senza notizie accurate di un risanamento sistematico;

inoltre quando, dopo la caduta del muro di Berlino, sono caduti molti segreti, si è avuta notizia che, nonostante sino ad allora tutti i Governi italiani avessero negato la presenza di gas bellici sul territorio nazionale, esistevano almeno tre bunker;

il più importante di questi era posizionato sul lago di Vico; e sembra che in quella località durante i lavori nel 1996 una nube di fosgene ha raggiunto la strada, aggredendo un ciclista, forse l'ultima vittima europea delle armi chimiche. Solo nel 1997 si è scoperto che l'Esercito aveva messo da parte almeno 150 tonnellate di iprite del modello più micidiale, mescolata con arsenico. In più c'erano oltre mille tonnellate di adamsite, un gas potentissimo ma non letale, e 40.000 proiettili chimici. Per neutralizzarli è stato creato un impianto modello a Civitavecchia che imprigiona le scorie velenose in cilindri di cemento. Una "fabbrica di pace" che lavora senza sosta dal 1993 e continuerà a farlo almeno fino al 2015. Lì i cilindri di cemento all'arsenico, continuano ad aumentare: sono già molte migliaia, in attesa che venga individuato un deposito definitivo dove seppellirli,

si chiede di conoscere:

se i Ministri in indirizzo non intendano, entro brevissimo termine, informare il Parlamento sullo stato reale dei lavori di bonifica, presentando un'apposita e dettagliata relazione sui siti in premessa in modo da poter chiudere definitivamente una vicenda troppo a lungo tenuta segreta;

se non intendano istituire urgentemente una commissione straordinaria al fine di predisporre, realizzare e completare le bonifiche, anche attraverso lo stanziamento di uomini, mezzi e fondi adeguati, di tutti i siti inquinati affinché si possa dare seguito ad un'efficace azione di bonifica dell'aree contaminate colpite drammaticamente nel loro equilibrio ambientale al fine di preservare inoltre la salute pubblica delle popolazioni residenti;

se non intendano dare seguito alle richieste dei vari comitati e movimenti, oggi rappresentati dal "Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche", che da tempo chiedono un'approfondita campagna di individuazione di ulteriori aree di smaltimento non ancora precisamente individuate ma di cui si ha notizia certa negli archivi militari, e il monitoraggio sanitario e ambientale sui cittadini e sui loro territori.

sabato 30 aprile 2011

ISCHIA - Armi chimiche nel Golfo di Napoli, ecco dove potrebbero essere

Nell’ambito di un’area di circa 287 chilometri quadrati, situata in un triangolo immaginario compreso fra Bagnoli, Ischia e Capri, ci sono le profondità adatte per l’affondamento


Gli arsenali di armi chimiche affondati dagli americani nel 1945-46 nel Golfo di Napoli potrebbero trovarsi sui fondali di un’area situata in un triangolo immaginario che ha per vertici Bagnoli, Ischia e Capri.


È l’ipotesi formulata da due docenti dell’Istituto Nautico di Forio d’Ischia e dal responsabile per la Campania del Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche, il movimento nato alcune settimane fa e che lotta affinché le autorità individuino, monitorino e bonifichino le armi chimiche inabissate o interrate dagli angloamericani e dai tedeschi durante e dopo la seconda guerra mondiale.


I rapporti militari americani Brankowitz ed Aberdeen, nuovamente secretati dopo un periodo in cui furono resi pubblici, riferiscono dell’affondamento, nel Golfo di Napoli, di enormi quantità di bombe e proiettili contenenti iprite, fosgene, arsenico, lewisite, cloruro di cianuro e cianuro idrato: sostanze micidiali, che ancora oggi rilasciano il loro carico di veleno nell’ecosistema marino e nella catena alimentare.

Esaminando le carte nautiche e le profondità dei fondali marini del Golfo di Napoli, ed ipotizzando la partenza delle chiatte dal porto di Bagnoli (come del resto confermato dagli stessi rapporti top secret), il prof. Nicola Lamonica, insieme al Fiduciario dell’Istituto Nautico, ing. Luigi Lamonica, su richiesta del dott. Massimo Coppa del Coordinamento Nazionale, hanno individuato un’area dove, presumibilmente, gli affondamenti potrebbero essere stati effettuati.

L’area in questione è inscritta in un immaginario triangolo che ha per vertice Bagnoli; si è proceduto a tracciare due rotte limite: una tangente alle isole di Procida ed Ischia, e l’altra vicinissima all’isolotto di Nisida. Verosimilmente le chiatte e le navi usate per la discarica degli arsenali si sono inoltrate in mare aperto all’interno di questo cono largo, dal lato di Bagnoli, circa 42-47 gradi.

Secondo le cartine con le profondità del Golfo di Napoli, procedendo verso Sud, Sud-Ovest, una volta superata l’altezza del Canale di Procida si riscontrano fondali superiori a cento metri, che diventano presto di 200 metri e quindi superano i 300. Spingendosi fino alla linea immaginaria che unisce Ischia e Capri si spalancano profondità abissali: 500, 600, 700 e addirittura oltre mille metri: è la zona della Bocca Grande, un vero e proprio abisso dove può essere occultata qualsiasi cosa.


Tuttavia, data la scarsa sensibilità ambientale dell’immediato dopoguerra e la condizione di sostanziale strapotere delle autorità militari americane non è verosimile che siano stati cercati fondali così profondi per compiere il lavoro che si era deciso di fare. Per cui è più probabile che gli arsenali giacciano tra i 200 ed i 400 metri di profondità.
Nella peggiore delle ipotesi, comunque, l’area da scandagliare si estende per 287 chilometri quadrati, pari a 155 miglia nautiche quadrate: una zona molto vasta, indubbiamente, ma non impossibile da esaminare con le moderne tecnologie di ricerca: ammesso, naturalmente, che qualche autorità si decida ad interessarsi di una questione che riguarda la salute di tutti.



http://www.libero-news.it/articolo.jsp?id=724952

http://www.libero-news.it/articolo.jsp?id=724934

http://napoli.repubblica.it/dettaglio-news/13:10-13:10/3959951

http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=147399&sez=NAPOLI#IDX

http://sfoglia.ilmattino.it/mattino/view.php?data=20110429&ediz=NAZIONALE&npag=44&file=obj_820.xml&type=STANDARD

http://www.ischiablog.it/index.php/natura-e-salute/armi-chimiche-nel-golfo-di-napoli-ecco-dove-potrebbero-essere/

http://www.ultimoraonline.it/ultimora/2011/04/28/armi-chimiche-nel-golfo-di-napoliecco-dove-potrebbero-essere/#more-6581

http://www.teleischia.it/index.php?option=com_content&task=view&id=15926&Itemid=1

http://blog.libero.it/velenidistato/10165779.html

venerdì 29 aprile 2011

MOLFETTA - Interrogazione parlamentare sulla presenza di ordigni a caricamento chimico nel mare pugliese




Al Sindaco della città di Molfetta
e p.c. Agli organi di stampa


Oggetto: Interrogazione parlamentare sulla presenza di ordigni a caricamento chimico nel mare pugliese


Gent.mo Sindaco Senatore Azzollini, Le scriviamo ancora una volta, non solo per ricordarLe che siamo in attesa, da anni, di risposte alle numerose interrogazioni ed esposti sulla bonifica in atto a Molfetta, ma anche per chiederLe di sensibilizzare e sollecitare i Ministri competenti a rispondere all’ultima interrogazione a risposta scritta n. 4/09713 (di seguito allegata) presentata nella seduta della Camera n. 402 del 25/11/2010 dall’On. ZAMPARUTTI ELISABETTA e i co-firmatari BELTRANDI MARCO, BERNARDINI RITA, FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA, MECACCI MATTEO, TURCO MAURIZIO.
Dal momento che la risposta alla suddetta interrogazione si attende dal novembre 2010 ed è stata sollecitata il 12/01/2011, 3/02/2011, 3/03/2011,6/04/2011, chiediamo a Lei Sindaco Azzollini, anche in veste di rappresentante del Senato della Repubblica, di intervenire presso il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, affinché ci siano delle risposte chiare e definitive sulla situazione dell’inquinamento del nostro mare causato presumibilmente dalla presenza di ordigni bellici a caricamento chimico.
Confidando nella Sua sensibilità per la tutela del bene comune, della salute e sicurezza dei cittadini della Sua città natale, ringraziandoLa anticipatamente per il suo impegno e restando in attesa di un positivo riscontro, inviamo cordiali saluti.

Liberatorio Politico

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta n.4-09713 presentata giovedì 25 novembre 2010, seduta n.402 da ELISABETTA ZAMPARUTTI e BELTRANDI MARCO, BERNARDINI RITA, FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA, MECACCI MATTEO, TURCO MAURIZIO

- Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro della difesa, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

- Per sapere - premesso che:

- secondo quanto risulta da archivi militari britannici (National Archives: dossier WO 188/685) e fonti bibliografiche attendibili (Infield, Glenn B., Disaster at Bari, The Macmillan, New York, 1971; Atkinson Rick, The Day of the Battle: The War in Sicily and Italy, 1943-1944, Henry Holt and Company, New York) sarebbero state inabissate davanti alla costa pugliese a partire dal dicembre 1943 fino a tutto il 1946 centinaia di migliaia di tonnellate, di ordigni bellici a caricamento convenzionale ed a caricamento speciale, i quali ultimi contenenti yprite, adamsite, lewisite, fosforo bianco, arsenico, acido solforico, cianuro, cloruro di pricrina, cloruro di cianogeno, e altro, in tutto 26 tipi di veleni diversi;

- secondo documenti tratti dai predetti archivi militari e dell'Archivio di Stato di Bari, come anche dall'articolo di Gianni Lannes «Un mare pieno di bombe» pubblicato sul n. 49 di Diario 7 dicembre 2001 pagine 22-23, tali inabissamenti hanno interessato anche la costa di Manfredonia, Vieste, Ortona, Pescara, Teramo, Pesaro, Rimini, Ischia, Aviano, il lago di Garda, ed altri siti ancora;

- già a partire dal 1970 i primi ordigni e fusti contenti tali sostanze, hanno rilasciato lentamente il loro contenuto mortale, nei fondali e nelle acque antistati la costa del medio e basso Adriatico, come in altri siti secondo campioni sottoposti ad analisi tossicologiche (Nave Calypso); nel 1999 lo studio Achab dell'Icram aveva evidenziato tali anomalie;

- in particolare, a partire da 1998, progressivamente è scomparso il pesce stanziale dei litorali pugliesi ed è rimasto imbrigliato nelle reti dei pescatori solo pesce migratore, anch'esso in quantità molto ridotte;

- sui fondali le alghe e la posidonia oceanica, dell'area antistante la costa molfettese che fa parte integrante del «Parco nazionale della Posidonia Oceanica San Vito di Barletta», sono assenti del tutto;

- secondo una documentata inchiesta giornalistica di Gianni Lannes, pubblicata dal settimanale Left (Avvenimenti) il 16 marzo 2007 (numero 11, pagine 14-26) dal 1946 a tutt'oggi numerosi pescatori sono risultati vittime di incidenti in mare a causa di predetti ordigni; altri più recentemente hanno cominciato ad avvertire forti bruciori agli occhi durante le battute di pesca, con occhi gonfi che lacrimano, offuscamento della vista, mani e zone esposte all'acqua che si spaccano e si riempiono di bolle piene di siero, che diventano, nei giorni successivi, dolorosissime. Inoltre avvertono problemi respiratori. Dopo una giornata di pesca i marinai di Molfetta sono costretti a rimanere a letto molti giorni, circa venti, perché non hanno forze e perché non si reggono in piedi. A bordo, quando le reti sono sul ponte ad asciugare con la barca attraccata, essi non possono fermarsi nemmeno dieci minuti, perché gli occhi cominciano a lacrimare e bruciano. Inoltre, compaiono difficoltà respiratoria con dispnea e cianosi. I pescatori devono fare dieci minuti a bordo e venti a terra, per riprendersi dalle esalazioni che le reti da pesca emanano;

- alcune volte, le reti, una volta salpate a bordo, prendono fuoco spontaneamente e incomprensibilmente. Inoltre, molti pescatori quando salpano le reti a bordo, perdono conoscenza inaspettatamente e misteriosamente;

- è stata segnalata inoltre la presenza inaspettata della Ostreopsis ovata, la cosiddetta alga killer, in tutti i siti in cui furono inabissati questi veleni; è la caratteristica costante dei mari e delle acque, tipica espressione del grave dissesto e della grave perdita di diversità biologica e della vita di tali siti;

- in concomitanza alla bonifica del porto iniziata nel 2008, si è verificato un aggravamento dei problemi agli occhi ed alle mani dei pescatori, nonché dei problemi respiratori ed è stato segnalato un calo dell'80 per cento del pescato;

- a Molfetta la bonifica è effettuata da parte dei sommozzatori del gruppo SDAI (servizio difesa antimezzi insidiosi) della marina militare comandati dal comandante di fregata Giambattista Acquatico, e dalla ditta Lucatelli incaricata dei lavori di bonifica;

- la superficie oggetto della bonifica, che viene chiamata zona rossa, si trova all'imboccatura del porto e nell'area antistante il porto, dove sarà costruito il nuovo porto commerciale e dove vi sarebbe un'enorme quantità di ordigni;

- a giudizio degli interroganti, questa bonifica, dove sono state concentrate tutte le risorse, è irrisoria ed insufficiente, trattandosi di una area limitatissima rispetto a quella che fu interessata all'inabissamento (ad esempio Torre Gavetone);

- notizie attestate dal giornalista Gianni Lannes «Un mare pieno di bombe». Diario, numero 49, 7 dicembre 2001, pagine 22 23 riferiscono di una «bonifica» che avviene recuperando gli ordigni facendoli esplodere tutti, convenzionali e non convenzionali, al largo delle coste;

- va rilevato che, dopo più di 67 anni dall'affondamento dei primi ordigni a caricamento speciale e la semina di tali bombe davanti all'ingresso del porto molfettese, nella cosiddetta zona rossa, per opera dei pescatori che facevano parte degli equipaggi di quei pescherecci che trovavano tali ordigni impigliati nelle reti e li ributtavano a mare proprio davanti all'ingresso del porto prima di attraccare ai moli, il riconoscimento di quelli a caricamento speciale non è più possibile per naturali fenomeni di corrosione da parte dell'acqua marina;

- l'Arpa Puglia e l'università Federico II di Napoli, hanno condotto le indagini e le analisi sulle acque su segnalazione della capitaneria di porto nel 1998;

- mentre l'arpa Puglia dice che c'è solo la presenza di alga killer, l'università di Napoli riferisce che c'è arsenico, la lewisite, ed altro ancora, oltre alla presenza della citata alga -:

se quanto riferito in premessa sia vero;

- se e quali iniziative si intendano assumere per finanziare la bonifica di tutti i siti del nostro mare interessati dalla presenza di tali ordigni, estendendo, per quanto riguarda Molfetta, l'area della bonifica ben oltre l'attuale sito del porto di Molfetta interessato dalla costruzione del nuova porto commerciale;

- se e con quali risorse si intenda sostenere il ripristino dell'habitat naturale, ossia del «Parco nazionale della posidonia oceanica San Vito di Barletta» e della flora a fauna marina, con campagne di semina delle così dette «olive» della posidonia oceanica e delle alghe, e quindi ottenere il ripopolamento, al fine di permettere la ricomparsa e la successiva conservazione delle specie marine e ripristinare la pescosità dei nostri mari, per consentire la sopravvivenza alimentare delle generazioni future. (4-09713)


LAGO di VICO - Interrogazioni senza risposte

DSC_0002_copy1
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta n. 4-09374

presentata da DONATELLA FERRANTI

mercoledì 10 novembre 2010, seduta n.393

FERRANTI. -
Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
- Per sapere - premesso che:

le acque del lago di Vico versano in una grave situazione, sulla quale da tempo è stato sollecitato un intervento del Ministro interrogato, d'intesa con le altre competenti istituzioni, al fine di adottare urgenti e adeguati provvedimenti per il risanamento del lago, per la salubrità delle acque e la tutela della salute dei cittadini di Caprarola e Ronciglione;

ad oggi non risulta che il Ministero della salute abbia fin qui esercitato una adeguata, tempestiva, efficace azione, e la situazione continua ad essere molto preoccupante;

un quadro della situazione si evince dal recente esposto inviato dall'«Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia)» al Commissario europeo all'ambiente il 24 maggio 2010, avente ad oggetto «Un contributo di analisi ed una ennesima richiesta di intervento in relazione agli sviluppi della vicenda del lago di Vico dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) di Viterbo» sul gravissimo rischio sanitario ed ambientale derivante dal degrado e dall'inquinamento dell'ecosistema del lago di Vico;

l'esposto, oltre a fornire un quadro dettagliato, documentato e circostanziato delle problematiche ambientali e del rischio sanitario determinato dal rapido deterioramento della qualità delle acque del lago, ha indicato anche le proposte, più volte formulate, dell'Isde di Viterbo per l'avvio di una rapida ed efficace bonifica e tutela dell'intero ecosistema lacustre e per garantire acque salubri e potabili alle popolazioni di Caprarola e Ronciglione;

sono evidenti e ormai ben documentate le gravi problematiche ambientali del lago di Vico (presenza di periodiche fioriture dell'alga rossa Plankthotrix rubescens, produttrice di una microcistina tossica e cancerogena, marcata riduzione del quantitativo di ossigeno nelle sue acque e della loro trasparenza, presenza di metalli pesanti in elevata concentrazione nelle acque e nei suoi sedimenti, e altro);

nel corso di una riunione, promossa dall'assessorato all'ambiente della provincia di Viterbo, svoltasi il 2 marzo 2010, sul tema «Attività di contrasto al degrado della qualità delle acque del lago di Vico», sono stati presentati dati che hanno evidenziato la presenza nelle acque del lago di valori elevati di Arsenico (As) e di altre sostanze tossiche e cancerogene di norma estranee alle acque del lago quali: mercurio, idrocarburi, policiclici aromatici (IPA), e nei suoi sedimenti alte concentrazioni di arsenico - 647 mg/kg SS (valore soglia 20 mg/kg SS) -, cadmio - 12 mg/kg SS (valore soglia 2 mg/kg SS) -, e nichel - 566 mg/kg SS (valore soglia 120 mg/kg SS);

un recente documento del centro tecnico logistico interforze Nbc di Civitavecchia riferisce i risultati di una indagine geofisica commissionata dal Ministero della difesa per la ricerca di masse anomale interrate presso il magazzino materiali di difesa Nbc di Ronciglione (indagine che ha evidenziato la presenza di masse metalliche e non metalliche interrate in diversi punti del sito);

da questo documento emerge che da carotaggi ed analisi chimiche su campioni di terreno prelevati sono stati rilevati valori di arsenico superiori a quanto previsto dalla normativa in vigore e pertanto il sito militare in prossimità del lago risulta contaminato;


i comuni di Caprarola e Ronciglione utilizzano per la maggior parte acque captate dal lago di Vico;

le acque, in relazione alla loro classificazione, devono subire un efficace processo di filtrazione e potabilizzazione prima di essere distribuite alle popolazioni per uso umano;

l'inadeguatezza della filtrazione e quindi della potabilizzazione delle acque distribuite alla popolazioni di Caprarola e Ronciglione risulta evidente da una nota del 4 gennaio 2008, con la quale il dipartimento di prevenzione - servizio igiene e sanità pubblica, sezione 4 Vetralla della Asl di Viterbo, in considerazione dei risultati degli esami effettuati dall'Arpa Lazio - sezione di Viterbo che evidenziavano la presenza di Cianobatteri - Plankthotrix spp -, proponeva ordinanza di non potabilità dell'acqua ai sindaci di Caprarola e Ronciglione;

le pregresse e le attuali condizioni di funzionamento dei potabilizzatori comunali sembrano non garantire in modo completo ed efficace la potabilità delle acque captate dal lago e tale situazione accresce la preoccupazione per il rischio sanitario al quale sono state esposte e sono esposte le popolazioni, anche in considerazione della presenza dei nuovi ed eterogenei elementi inquinanti rilevati di recente nelle acque del lago e nei suoi sedimenti;

l'Isde, per le ragioni esposte, ribadisce la necessità e il dovere che gli enti preposti programmino e diano inizio a studi di monitoraggio e sorveglianza di lungo periodo dello stato di salute delle popolazioni di Caprarola e Ronciglione;

l'arsenico, in considerazione della sua cancerogenicità e tossicità e della possibile interazione con le altre sostanze tossiche derivanti dal degrado e dall'inquinamento del lago di Vico, dovrebbe essere monitorato con una frequenza di sicuro maggiore rispetto a quanto fatto finora e secondo quanto prescritto e disposto dal decreto legislativo n. 31 del 2001 all'articolo 8, comma 1, che, in situazioni di criticità delle acque, impone di aumentare i controlli rispetto a quelli effettuati di routine in modo tale da «garantire la significativa rappresentatività della qualità delle acque distribuite durante l'anno, nel rispetto di quanto stabilito dall'allegato II»;

è del tutto evidente inoltre che devono essere indagate ed individuate provenienza e responsabilità per le sostanze tossiche e cancerogene rilevate nel lago di Vico che di norma sono estranee agli ecosistemi lacustri;

l'Isde ritiene necessario ed urgente, anche in considerazione degli elementi tossici rilevati nei sedimenti del lago, un monitoraggio più frequente di tutte le sostanze tossiche che possano essere presenti nelle acque destinate a consumo umano, in quanto esiste la possibilità che gli elementi inquinanti presenti nei sedimenti possano essere mobilizzati e captati dalle prese degli acquedotti comunali anche in concentrazioni dannose per la salute soprattutto se il livello delle acque del lago dovesse essere ridotto;

è inoltre un dato scientificamente acquisito che più elementi tossici e/o cancerogeni possono determinare rischio e danno alla salute con meccanismi di interazione ed amplificazione diversi da quello della sola e semplice sommazione delle diverse concentrazioni dei singoli elementi nocivi;

relativamente all'arsenico, presente nelle acque e nei sedimenti del lago di Vico, è noto che 1'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.) classifica questo elemento come cancerogeno certo di classe 1 e lo pone in diretta correlazione con diverse patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute;

il lago di Vico è una risorsa idrica fondamentale per l'intero territorio viterbese oltre ad essere un'area di inestimabile valore paesaggistico, naturalistico ed economico per le tante attività legate al turismo: deve essere subito protetto, tutelato e risanato e questo è possibile attraverso l'uso di specifiche tecnologie di bonifica, interventi mirati di studio, monitoraggio e l'eliminazione di ogni fonte di inquinamento;

nell'ultima seduta del tavolo tecnico istituito dalla provincia di Viterbo sull'emergenza delle acque del lago di Vico del 7 ottobre 2010 la rappresentante dell'«Associazione italiana medici per l'ambiente» ha esposto la situazione attuale esprimendo apprezzamento per tutte le iniziative delle istituzioni messe in programma per il risanamento e la tutela dell'ecosistema del lago di Vico ma al tempo stesso ribadendo la forte preoccupazione per i possibili rischi sanitari connessi al ben documentato degrado della qualità delle acque del lago;

il Servizio igiene, alimenti e nutrizione e il dipartimento di prevenzione - Servizio igiene e sanità pubblica - sezione 4 Vetralla - della Asl di Viterbo hanno inviato già in data 8 luglio 2010 le comunicazioni n. protocollo 34971 e n. protocollo 34972 rispettivamente al sindaco di Caprarola e a quello di Ronciglione, nelle quali chiedevano di adottare le seguenti misure: «a) divieto di uso potabile, cioè quale bevanda abituale; b) divieto d'incorporazione in alimenti prodotti da industrie alimentari; c) divieto di utilizzo per la cottura di alimenti di consumo familiare e nelle attività di ristorazione collettiva...» e invitavano i due sindaci a disporre: «l'espletamento di un approvvigionamento idrico alternativo mediante l'utilizzo di acqua idonea al consumo umano erogata da autobotte al fine di poter garantire un livello essenziale di assistenza alla popolazione, in alternativa alle limitazioni d'uso imposte per l'acqua»;

1'«Associazione italiana medici per l'ambiente» ha chiesto che, per quanto esposto, nel rispetto del principio di precauzione e delle già citate comunicazioni dei servizi della Asl di Viterbo, tutte le istituzioni e gli enti preposti attuino al più presto interventi e programmi tali da garantire con assoluta certezza acque salubri e pulite ai cittadini di Caprarola e Ronciglione e che, in attesa di questi interventi, sia erogata acqua da fonti alternative a quella lacustre -:

quali misure urgenti, sia di natura normativa che finanziaria, i Ministri interrogati intendano assumere affinché si possa avviare un programma di risanamento della zona in questione e sia salvaguardata la salute delle popolazioni locali attraverso il necessario ripristino di acque salubri e pulite. (4-09374)

martedì 26 aprile 2011

PESARO SI MUOVE












Nell’ultimo mese da Pesaro sono partite nuove richieste di informazioni e intervento per i residuati bellici abbandonati davanti alla costa: una lettera di sollecito del sindaco di Pesaro Luca Ceriscioli e una interrogazione parlamentare del deputato del PD Oriano Giovanelli, già sindaco della città.


Interrogazione parlamentare dell’On. Oriano Giovanelli

Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa.
– Per sapere – premesso che: si apprende da un libro-inchiesta di Gianluca Di Feo «Veleni di Stato» (Edizioni Rizzoli 2009) che nel luglio 1944, 1316 tonnellate di iprite sono finiti nei fondali davanti alle coste marchigiane, in particolare davanti alle baie di Fano, Pesaro e Gabicce all’interno di 4300 bombe d’aereo C500T catturate dalla Luftwaffe in una base di Urbino; sono materiali altamente tossici che pare siano ancora imprigionati nei fondali dell’Adriatico e che rilasciano lentamente il loro veleno in mare; il libro qui sopra citato è ampiamente documentato grazie agli studi e approfondimenti sugli archivi della Luftwaffe di Carlo Gentile, consulente delle principali inchieste giudiziarie sulle stragi naziste in Italia e docente dell’università di Colonia;

L’unità comandata dal maggiore Meyer nascose nel deposito di Urbino notevoli quantità di ordigni, ma il 19 dicembre 1943 si indica dalla relazione di Hitler che dovevano essere spostati in Germania. Muovere le sostanze letali, per di più in periodo di guerra, era molto difficile; nel luglio 1944, quando il comando tedesco dispose» l’immediata evacuazione del deposito di Urbino senza riguardi per le possibili conseguenze», vennero trasportati con dei camion a Fano e a Pesaro alla vigilia dell’offensiva sulla Linea Gotica e fatti svuotare di notte in mare da squadre speciali 84 tonnellate di armi chimiche mortali, conservate da involucri difettosi hanno poi rilasciato lentamente nelle acque dell’Adriatico le sostanze tossiche;

nella seduta pomeridiana della Camera dei deputati del 20 novembre 1951, in risposta a una interrogazione dell’onorevole Capalozza, il Sottosegretario alla Marina mercantile, onorevole Tambroni, confermava la presenza di tale arsenale nei fondali e individuava anche le coordinate dei siti ove si sarebbero trovate almeno una parte delle bombe, ma da allora nulla si è fatto per la bonifica dell’area, né tantomeno è stato oggetto di discussione in ambito parlamentare;

il sindaco di Pesaro, Luca Ceriscioli, in data 10 marzo e 30 aprile 2010 ha inviato al Ministro della difesa due lettere per sollecitare spiegazioni e provvedimenti sopra in oggetto;
in data 21 giugno 2010 il sottosegretario alla difesa, onorevole, Giuseppe Cossiga, rispose al sindaco sostenendo che il dicastero «ha promosso i pertinenti approfondimenti» e che le ricerche e le bonifiche dell’area sono state portate a termine tra il 1945 e il 1950 -:

se il Ministero della difesa, come da lettera del sottosegretario Cossiga citata in premessa, possa assicurare che i tratti di costa bonificati negli anni cinquanta sono aree bonificate corrispondenti ai siti di Fano, Pesaro e Cattolica;

se non consideri opportuno a distanza di anni, usare nuove tecnologie di bonifica sperimentate in altri siti; se non si intenda provvedere con urgenza a un monitoraggio della situazione attuale e se non si intenda ricorrere ai fondi di cui al decreto ministeriale n. 308 del 2006 finalizzati al risanamento di aree inquinate. (4-11571



Lettera del Sindaco di Pesaro Luca Ceriscioli
Oggetto: bombe all’Iprite nei fondali del mare davanti a Pesaro


Gentile On. Sottosegretario,
con lettera del 21 giugno 2010 Lei ebbe la cortesia di rispondere a due mie precedenti lettere inviate al Ministro La Russa in merito a quanto indicato in oggetto.
Lei mi rassicurava circa una bonifica effettuata dalla Marina Militare tra il 1945 ed il 1950 e sottolineava la dubbia utilità di ulteriori attività per la verifica sui fondali in questione.
Tuttavia dalle nostre ricerche non si trova traccia in documenti storici della bonifica fatta e del quantitativo di “fusti e bombe ad aggressivi chimici” recuperati e neutralizzati; per di più a livello locale non c’è memoria di tale bonifica.
In allegato trasmetto una mappa che il National Archives di Londra ha recuperato dai documenti dell’esercito tedesco che nell’estate 1944 scaricò gli ordigni bellici nei siti le cui coordinate sono segnate sulla mappa stessa.
Sarebbe dunque interessante verificare se le bonifiche fatte hanno riguardato i siti che interessano la nostra comunità.
In ogni caso, approfittando della Sua cortese disponibilità, faccio presente un altro fatto: ci risulta che in alcune località interessate da analoghi problemi (esempio più importante Molfetta) si siano fatti negli ultimi tempi controlli con apparecchiature più moderne ( certamente non disponibili nell’immediato dopoguerra) in grado di rilevare puntualmente tali ordigni; grazie a queste nuove indagini sono state attivate bonifiche che hanno portato al recupero di migliaia di bombe.
Nell’ottica di fugare ogni preoccupazione circa la presenza di tali ordigni fonte permanente di pericoli per la salute pubblica, sono a chiedere di prendere in seria considerazione la possibilità di un controllo sui nostri fondali mediante queste apparecchiature.
Sono certo che vorrà dedicare tutta l’attenzione che merita a questo problema e farci avere una positiva risposta.
RingraziandoLa per la gentile disponibilità, Le porgo i miei più distinti saluti.

Luca Ceriscioli
Pesaro, 29 marzo 2011

sabato 23 aprile 2011

ISCHIA - E' nato il Blog della sezione Ischia-Napoli del Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche


Veleni di Stato - ISCHIA


Questo blog, o sito che dir si voglia, nasce dall’esigenza di avere un punto di riferimento, su Internet, per quanto riguarda la rappresentanza per Ischia e Napoli di “Veleni di Stato”, vale a dire il “Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche” ufficialmente costituitosi pochi giorni fa e che si prefigge lo scopo di sollevare il velo del mistero e dell’omertà di Stato sugli arsenali chimici fabbricati dall’Italia fascista e poi sommersi o seppelliti dai tedeschi e dagli angloamericani alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Questo blog riporterà o segnalerà fatti, dati, circostanze e le iniziative del Coordinamento nazionale e della rappresentanza campana, costituendo un punto di riferimento locale per chiunque fosse interessato alla problematica, pubblicando e rendendo disponibile la documentazione esistente posta a base dell’azione di accertamento della verità.
Cercherà altresì di essere una testimonianza duratura (perché, oramai, Internet è più persistente ed eterno persino della carta scritta) della denuncia che, da Ischia, dal Golfo di Napoli e da tutta Italia comitati locali di cittadini sollevano alle autorità per indagare ed intervenire su un fenomeno nascosto ed ignorato il quale, ancora oggi, avvelena l’ambiente e la salute di tutti.


RIFERIMENTI E CONTATTI


- Il Coordinamento Nazionale ha attivato un sito Internet:
www.velenidistato.it, che per ora si collega ad un blog.

- L’indirizzo mail generale è:info@velenidistato.it;

- la mail del Comitato locale che si occupa di Ischia
e del Golfo di Napoli e che realizza questo blog è
ischia.velenidistato@libero.it;

- il Coordinamento nazionale è presente come
“Veleni di Stato” su Facebook
- e su YouTube all’indirizzo
www.youtube.com/user/
velenidistato